domenica 19 luglio 2015

Chiacchierando di "Donne che amano troppo". Recensione libro.

Avevo detto tanto tempo fa che sarebbe passato parecchio tempo prima di imbattermi nella lettura di un altro libro che appartiene alla categoria (spesso definire il genere di un libro è la cosa più difficile che può capitare di dover fare. Perché dare una definizione, poi? Per comodità? Non so, nel mio caso è perché desidero inquadrare tutto ciò che mi capita sotto tiro) di libri di auto-aiuto.
L'unico che lessi mi lasciò senza parole e non perché non ne avessi, ma perché erano una sfilza di parolacce giacché a mio dire non dava delle dritte effettive al problema che si poneva di analizzare per poi dare delle piccole strategie per risolvere le cose.
Si trattava di un libro che analizzava la rabbia e come combatterla; se io l'ho defenestrato con una serie di belle parole non è che sia stato un granché a mio dire, ma se ne potrebbe parlare (il libro l'ho ancora qui, e potrei essere masochista al punto di rileggerlo per poi recensirlo).
Quello di cui vorrei parlare oggi è Donne che amano troppo di Robin Norwood, edito da Feltrinelli e inglobato nella categoria "saggi".
Anche qui parlerò dell'autrice, della trama (ma direi che è più adatta la parola "argomento"), cercherò di fare una recensione e inserirò quella che per me può essere una canzone che si avvicina al libro, come chiave di lettura.


L'autrice: Robin Norwood, classe 1945, è una psicoterapeuta statunitense specializzata in terapia della famiglia. Si occupa di problemi delle dipendenze e il suo campo di maggior interesse e operato è sul trattamento del co-alcolismo e sulle dipendenze da relazioni.
Ha scritto e pubblicato Donne che amano troppo, Guarire coi perché, Lettere di donne che amano troppo, Un pensiero al giorno (per donne che amano troppo), in Italia tutti editi da Feltrinelli.

Il consiglio musicale: questa volta scelgo di dire prima la canzone per un dato motivo. Innanzitutto citiamola: è New day coming di Scott Stapp di cui vi allego anche il testo.
Perché ho nominato la canzone prima di parlare del libro? La ragione è semplice. Se non avete mai visto un mio video non sapete che adoro i Creed e amo la voce di Scott Stapp, oltre a trovarlo un bravissimo paroliere e ve lo dico (o ridico) adesso. Egli, avendo avuto dei problemi, ha scritto canzoni che parlavano della sua rinascita, del suo star meglio dopo tanto soffrire e le parole e la musica sono davvero belle secondo me, si sposano perfettamente con quello che voleva esprimere. In questo caso in particolare il messaggio del nuovo giorno e dell'alba della serenità che si trova dopo un processo formativo è ciò che la canzone ci vuole far capire, così come il libro.
Un'altra motivazione la adduco riportandovi alla memoria o facendovi conoscere uno dei miei libri preferiti che ho recensito tempo fa. Si tratta de La principessa che credeva nelle favole di Marcia Grad Powers.
In un certo senso il libro di cui vi voglio parlare e questo che vi ho già presentato sono collegati tra loro e anche lì vi avevo proposto una canzone di Scott; la mia scelta dunque non è affatto casuale, ma ho cercato di stabilire un legame con il libro precedente. Nel caso in cui siate curiosi di sapere di cosa stia parlando, vi ho lasciato il link.

La trama/argomento trattato: Robin Norwood, portando degli esempi pratici legati alla sua esperienza di psicoterapeuta e quindi presentandoci le storie di alcuni suoi pazienti (in particolare donne), desidera analizzare quella che definisce "malattia dell'amare troppo", ovvero quello stato d'animo che non permette a una persona di liberarsi del partner pur sapendo che non è la persona giusta per il loro benessere e per avere una relazione sana continuando quindi a distruggere la propria vita.
Si propone di analizzare il perché si instaurano queste relazioni malsane, che recano solo sofferenza, i meccanismi che albergano nell'animo di chi ama troppo (la speranza che il partner cambi, l'assuefazione da questa persona, ecc) e dare un input per poterne uscire.
Questo, come dice lei stessa, è anche un libro che può illustrare al lettore se si riconosce in uno dei "sintomi" dell'amare troppo e quindi correre ai ripari prima che la situazione si complichi oppure cercare di capire qualcosa da evitare con tutto se stessi.

La recensione: inizio col dire di esser stata molto fortunata nella mia vita, perché ho capito di aver avuto anche io la malattia dell'amare troppo senza però ricorrere all'aiuto di uno psicologo.
Non perché sia sbagliato per me chiedere aiuto, anzi, sono la prima a dire che quando non si riesce da soli bisogna tendere una mano e chiedere aiuto a chi può aiutarci davvero, ma mi è capitato di farcela per conto mio sebbene avessi già preso contatti con una psicologa e non escludo di poter andarci più in là per quella che io chiamo fase due.
Come dice anche l'autrice, è una cosa del tutto possibile, ma non frequente e ritengo di esserci riuscita perché la mia situazione non era così grave come le donne che ci presenta la Norwood.
Leggendo di loro mi si è davvero stretto il cuore e ho iniziato a chiedermi alcune cose, di cui vi parlerò dopo.

Conosceremo Jill, Trudi, Chloe, Mary Jane, Lisa, come anche Tom, Charles, Burt, Russell e altre donne e uomini che hanno deciso di chiedere aiuto.
Dalle loro parole si riesce a capire che si ama troppo se ci si prende la colpa di tutto, se si tenta di giustificare ogni malumore e cattiverie dell'altra persona, quando si pensa che sia proprio colpa nostra se l'altro si comporta male nei nostri confronti visto che si pensa di non essere troppo attraenti, sufficientemente capaci, mai abbastanza.
In nulla.
Ovviamente questo non è vero amore, ma si resta ingabbiati in una situazione dalla quale pare che non si riesca mai a fuggire, per ricominciare lontano da chi ci ha fatto del male.

Robin Norwood riesce a essere molto chiara e semplice, per far capire ciò che desidera dire, usa un tono molto colloquiale e riportando le testimonianze e le parole dei suoi pazienti è come se un po' li conoscessimo anche noi e potremmo immedesimarci in quello che dicono.
Il tutto è molto discorsivo e la procedura di analisi viene spiegata proprio in modo che si capisca bene.

Personalmente io mi sono chiesta come molte delle pazienti non riuscissero a dire basta a quelle "relazioni" con tutto che erano riuscite a capire che la cosa non andava e che il comportamento del partner peggiorava.
Non voglio dire di essere migliore di queste donne, però potrebbe capitare di dire "eh, ma allora sei proprio cretina a continuare a starci", sono spesso delle situazioni molto gravi e trovo di mio difficile non notare il disagio interiore in quelle relazioni, ma so bene che loro non erano me come io non ero loro e non sono stata nei loro panni.
Suppongo sia dovuto al fatto che essendoci arrivata da sola, come quando vi parlavo del libro della Grad Powers, leggendo il libro abbia di nuovo pensato "grazie, non mi dici nulla di nuovo" oppure forse al fatto che abbia una soglia di tolleranza molto bassa e tenda a reagire subito se mi si fa del male. Sono solo ipotesi per spiegarmi meglio, ribadisco che non mi ergo su nessun piedistallo, che sia chiaro.

Questa malattia del troppo amore porta a giustificare qualsiasi comportamento negativo del partner e si pensa che con la forza dell'amore, del nostro amore, la persona possa cambiare. Non c'è nulla di più errato e la colpa non è nostra, come spiega la Norwood.

E allora cosa fare?
Nulla, assolutamente nulla. La risposta è questa. Non bisogna far nulla per aiutare qualcuno che non desidera essere aiutato.
Questo potrebbe farci pensare di essere egoisti o che gli altri (che non sanno nulla e vedono le cose da fuori) possano vederci così? La risposta è: STICAZZI.
Mi si perdoni il latino aulico, ma è così e nella parte finale del libro la Norwood dà proprio dei consigli e delle direttive per star meglio e tra questi abbiamo proprio il pensare di più a noi al fine di guarire.

Ovviamente il libro non è un sostituto di una terapia psicologica di sostegno, sia chiaro, e l'autrice lo specifica molto bene. La guarigione è una cosa molto importante, ma le maniere per farcela dipendono da persona a persona.
Non bisogna dimenticarlo, mai.

Leggendo questo libro mi sono trovata d'accordissimo con la scrittrice per quel che riguarda i consigli che dà per star meglio e il suo approccio coi pazienti.
Ci sono state però delle cose che mi hanno fatto storcere un poco il naso perché a mio dire non sono effettivamente così, o per meglio dire non per tutte le persone e qui nel libro riportando certi casi come esempi si vuole tentare di dire che le cose invece sono davvero tali, in ogni circostanza, come se il particolare (a livello statistico) diviene il generale. Ve ne riporto alcune.

Vostro onore, sollevo alcune obiezioni!

  • Secondo la Norwood quello di amare troppo è un fenomeno tipicamente femminile e non maschile; ella non asserisce che non ci siano uomini che amano troppo, ma in generale non sviluppano questo sentimento per fattori sia culturali sia biologici. Sinceramente questo mi sembra un discorso un po' troppo superficiale per i miei gusti e anche quando si parla di pazienti di sesso maschile nel libro il titolo del capitolo è Gli uomini delle donne che amano troppo ovvero sono gli uomini che hanno avuto a che fare con donne che amano troppo e, per un motivo o per un altro, o sono stati loro a far andare male la loro relazione o cercavano aiuto per trovare un equilibrio allo stato attuale delle loro vite mentre avevano accanto delle donne che desideravano dar loro una mano non riuscendoci. E qui io mi chiedo quali siano queste motivazioni per le quali gli uomini tendono a non amare troppo oltre a quelli che dice l'autrice come il concentrarsi sul lavoro, gli hobby o lo sport: quali sono questi fattori biologici e culturali? Non ne ho la più pallida idea. E in tutta la sua carriera non ha mai visto un uomo che ama troppo? Sono davvero tutti degli stronzi bastardi? Ovviamente io dico di no, ma leggendo queste pagine ti verrebbe da dire sì, non avendo riscontri opposti.
  • Un'altra cosa che l'autrice afferma è che le donne tendono a trovare noiosi o poco attraenti gli uomini gentili, equilibrati, degni di fiducia che si interessano a loro e coi quali si potrebbe instaurare una sana relazione sentimentale mentre tendono a innamorarsi dei "cattivi ragazzi" che trovano più avventurosi, esuberanti, uomini che poi però le fanno soffrire e le fanno amare troppo. Un momento, Robin Norwood, ti hanno pagato quelle pagine che affermano che esiste la friendzone? Lo sento solo io l'odore della cazzata grossa come una casa?
  • A quanto pare le donne che amano troppo hanno sempre, e ripeto sempre, dei problemi familiari alle spalle e ciò ha permesso loro di sviluppare paure e insicurezze al punto di riversare amore (in modo eccessivo e sbagliato) verso persone che hanno dei problemi che possono ricondursi a quelli vissuti nell'infanzia. Esempio: se una donna ha avuto un padre assente tenderà ad amare uomini che gli ricordano il padre e che non saranno molto presenti nella sua vita. Le mie domande qui sono due. Il fatto di avere avuto un'infanzia travagliata è condizione necessaria e sufficiente perché ciò accada? Non può capitare che una donna (perché ricordiamoci che a quanto pare solo le donne amano troppo in tendenza maggioritaria) che ha vissuto in un clima sereno e gioioso in famiglia possa comunque amare troppo senza un background difficile? Ma è una faccenda seria quella di amare qualcuno che ci ricorda una figura genitoriale e per giunta sbagliata? A me sa tanto di panzana perché penso che chiunque, indipendentemente dal difficile ambiente familiare o meno, possa ritrovarsi ad amare troppo e probabilmente proprio perché le figure genitoriali non sono state le migliori si potrebbe cercare un partner che non lo ricordi proprio né per atteggiamento né per carattere.
E voi cosa ne pensate?

Dando un giudizio globale questa è una lettura interessante, la seconda parte che si propone di dare esempi concreti per stare meglio e cercare un equilibrio è decisamente più appetibile della prima, mentre la prima tende a essere un poco ripetitiva nel definire concetti (come quello che non si tende ad apprezzare un uomo "noioso", lo hai detto una volta, due, alla terza già dico basta!) ed è piacevole la spiegazione e la differenza dell'eros e dell'agape visto dal punto di vista delle donne che amano troppo e come si può e deve conciliare entrambi per vivere un amore sereno e sano dal profilo dei sentimenti, fisico, morale, intellettuale, ecc.
Questa lettura mi ha permesso di pormi delle domande sia a livello personale sia proprio dal punto di vista delle tesi dell'autrice (come le obiezioni che ho citato su oppure delle domande che annotavo mentre si definiva un qualcosa e che per me necessiterebbe ulteriore approfondimento).

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