*Attenzione: contiene linguaggio a tratti scurrile*
Questa
volta parlerò di qualcosa partendo dalle mie esperienze, quindi il
discorso sarà personale, per cercare magari di fare un discorso
generale. Si prega quindi di non giudicare il mio vissuto o la mia
visione delle cose; per parlarne in modo civile e garbato, invece, sono
sempre disponibilissima.
Non ho mai fatto mistero
del fatto che sono atea e anticlericale, ma non per questo non rispetto
le persone religiose (di qualunque religione, a patto che si rispetti me
e il mio ateismo e non vogliono cercare di inculcarmi qualcosa), quindi
non ho un problema con le feste “programmate” come il Natale, la Pasqua
o le feste patronali.
È altresì vero che l'unica
festa che io adoro è il compleanno, sia quello delle persone a me care
sia il mio, perché mi piace davvero fare regali a chi voglio bene, ma
riconosco che preferisco (specie fare) di più un pensierino random in
qualsiasi altro giorno dell'anno perché per ricordarsi di qualcuno non
serve la festa, se si tiene a essa, almeno secondo me.
C'è
però una giornata dell'anno in cui io vedo dilagare la grande fiera
dell'ipocrisia che possiamo sì vedere ogni giorno, ma qui portata
all'estremo: sto parlando dell'otto marzo, il giorno che viene definito
come la “festa delle donne”.
Perché ce l'ho con
questa “festa”? Beh, è presto detto: non ce l'ho per la giornata in sé,
ma per l'uso che la gente fa di questa giornata e no, non mi sto
riferendo al voler andare a festeggiare magari con degli
spogliarellisti. Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto la “festa delle donne” non si chiama così: il suo vero nome è giornata internazionale della donna e molti sono i miti e le leggende che ruotano attorno a questa giornata.
Miti e leggende che sono dei veri e propri falsi storici.
Le
leggende narrano che questa giornata sia nata in commemorazione di
alcune donne americane che persero la vita in un incendio in fabbrica
nel 1857, perché furono chiuse nella fabbrica dal proprietario affinché
le donne non partecipassero a uno sciopero. Altre storie fanno
riferimento a un rogo avvenuto nel 1911 a New York in una fabbrica di
camicie, in cui persero la vita 134 donne.
Controllando
le fonti storiche si scopre che questa fabbrica non esisteva e ogni
Paese cambia sempre date, luogo e numero delle vittime.
Ebbene, tutto questo è falso.
L'origine della giornata internazionale della donna è da ricercarsi nella storia del socialismo.
Nel
febbraio del 1909 gli Stati Uniti, su iniziativa del Partito socialista
americano, pensarono di celebrare per la prima volta questa giornata.
Nel 1910 l'iniziativa venne raccolta a Copenaghen durante la Conferenza
internazionale delle donne socialiste, anche se non risultano le
motivazioni che portarono a scegliere tale data, stando ai documenti del
congresso. E infatti fino al 1921 i singoli Paesi scelsero giorni
sempre diversi tra loro per questa celebrazione.
Dal
1921 si scelse invece – durante la Seconda conferenza delle donne
comuniste a Mosca – come unica data per le celebrazioni, uguale in tutto
il mondo l’otto marzo, in ricordo della manifestazione contro lo
zarismo delle donne di San Pietroburgo nel 1917.
Questa
giornata non ha nulla a che vedere con commemorazioni varie ed
eventuali (oltre che fasulle). In Italia trovò riscontro negli anni '40,
a opera delle donne dell'Unione Donne in Italia e si scelse come
fiore la mimosa, perché si trova a marzo e costa(va) poco – oggigiorno
direi che la paghi anche troppo visto il lato consumistico che ha
assunto ogni ricorrenza – ma le iniziative di renderla giornata
nazionale non attecchirono fin quando non arrivò anche da noi il femminismo.
La cosa che mi preme sottolineare è una: il femminismo non è il contrario del maschilismo.
Il
femminismo lotta per far sì che tutti indistintamente siano davvero di
pari diritti e doveri di fronte la legge e nella società. Si sostiene
quindi la parità economica e sociale dei sessi, che il sesso biologico
non sia un discriminante che determina un modello sociale prestabilito, o
i diritti politici ed economici della singola persona.
Il femminismo lotta contro tutte le oppressioni di genere, rivolte alle persone, siano esse donne o uomini.
Si tratta quindi di una forma di egualitarismo;
molto spesso si chiede perché al posto di “femminismo” non si usa la
parola “egualitarismo”: la risposta che io do è sia etimologica sia
sociale.
All'interno dei trattati medici francesi
del Settecento si ha la definizione di “femminismo” come una patologia,
ovvero la fiacchezza e l'indebolimento del corpo maschile. Era un
termine dispregiativo utilizzato per dire dunque che sono le donne a
essere deboli (anche fisicamente), non gli uomini. Da qui si capisce che
la donna è stata da sempre oggetto di vessazioni fisiche, sociali,
economiche e politiche e questa è la ragione per cui si usa la parola
“femminismo”: ricordare da dove si è partiti, per cercare di ottenere la
vera parità.
Non dobbiamo nascondere il fatto che
dietro la parola “femminismo” si nascondono molte persone che pensano
solo ai propri interessi, i loro tornaconti e pensano e dicono cose del
tipo “le donne sono superiori”. No, questo non è quello che il
femminismo insegna. Queste persone non sono femministe. Mi spiace
deludere queste persone (ma anche no), ma no, il femminismo predica la
parità e cerca di renderla effettiva anche nei fatti.
Assodato ciò, passo a dire perché mi dà fastidio il come venga utilizzata questa giornata.
Prima
ho detto che non mi riferisco di certo alle donne che questa sera
andranno in discoteca, si divertiranno, balleranno… ognuno nella propria
vita è libero di decidere come spendere meglio il proprio tempo.
Come
sempre ricordo che non esiste un unico modo di essere donna: si è donne
in qualunque modo si decide di vivere la propria vita, al di là degli
stereotipi e delle convenzioni sociali; si deve fare ciò che ci si sente
di fare.
L'amare la discoteca (esempio che uso
sempre perché viene visto come simbolo di frivolezza e stupidità) non è
condizione necessaria e sufficiente per giudicare una persona, tantomeno
una donna. Il fatto che una persona ami ballare non vuol dire affatto
che non possa essere una persona che ha interessi, che lavora, che vuole
essere indipendente o chissà altro. Una bella manica di fatti propri la
gente dovrebbe farsela sempre.
Ed ecco che
abbiamo quegli uomini – e anche tante donne – che vogliono affibbiare
l'etichetta di “troia” a chi va a ballare, a chi fa sesso occasionale, a
chi sceglie di vivere la propria vita come meglio crede e quindi inizia
un discorso del tipo “non sono vere donne quelle che si vanno a
divertire, fate schifo” o “la festa della donna non è solo oggi, si è
donne sempre”, “questa sera la voglia di cazzo si farà sentire” (nel
caso in cui si aggiungano anche gli spogliarellisti).
Un
momento, prima dite che si è donne sempre e poi quando una donna si
diverte non lo è più? Come funziona questo ragionamento? Non notate che
ci sia dell'ipocrisia di fondo nemmeno così tanto velata?
Bisogna
far notare che, nel caso sia un uomo a voler andare in discoteca, le
persone che ritengono che la donna sia una troia, lo legittimano per un
uomo, mentre chi lo legittima per una donna dà all'uomo del porco o del
bastardo. Se da un lato ci sono le “cagne”, dall'altro abbiamo il
“cacciatore”, se da un lato abbiamo la “cacciatrice”, dall'altra abbiamo
lo “stronzone”. Si hanno sempre due pesi e due misure quando le persone
sono tutte uguali. Nell'eventualità in cui a una donna poi piacciano
gli uomini, ritengo che la voglia di cazzo ci si anche tutto l'anno. Lo stesso vale per le donne a cui piacciono le fighe o tutti e due.
I giorni di queste “feste” mostrano come sempre la falsità delle persone e dei loro ragionamenti.
Ed
ecco come, dopo centinaia di anni di tentativi di emancipazione,
proprio per l'otto marzo, si attua la svalutazione della donna per la
propria libertà sessuale, laddove ancora non è chiaro che una persona (e
quindi anche la donna visto che è una persona) può fare quello che più
la aggrada, non solo oggi, ma tutti i giorni.
L'assunto
dell'essere donne sempre, in ogni giorno dell'anno è giusto, e se
qualcuno vuole divertirsi questa sera non è quello il problema.
Il
problema sussiste quando ci si ricorda della donna solo in questo
giorno, mentre tutti gli altri giorni dell'anno non viene considerata se
non alla stregua di un oggetto.
Sentirmi dire –
tanto per non uscire dal mio seminato – da mio padre “auguri”, quando
ieri sera mi ha detto che spera che il mio futuro marito mi metta in
riga a suon di sberloni perché il mio voler avere una relazione sana,
fatta sul rispetto e sulla condivisione (anche delle mansioni
domestiche) a lui non sta bene visto che pensa che l'uomo in casa non
deve fare nulla perché ci sono moglie e figlia che sfaccendano, io non
me ne faccio nulla. Sono una presa per i fondelli degli auguri del
genere.
Vedere mio fratello che mi porge un
rametto di mimosa quando poi i restanti giorni dell'anno mi definisce
una sfigata perché amo scrivere e perché sono single (“ma che vuoi
rimanere zitella?”) mi fa venire da dire, in un modo nemmeno tanto
educato, che la mimosa se la può infilare nel culo visto come mi tratta.
Non bastano degli auguri o un gesto simbolico a cambiare le cose. Non servono a nulla se non sono accompagnati dai fatti.
Per
fatti io intendo i gesti, i pensieri e le parole che recano davvero
rispetto a una donna. E questo deve essere fatto da tutti (non è un caso
che una delle mie rubriche si chiami “donne che odiano le donne”) e
porto alcuni esempi; se li mettessi tutti diverrebbe un papiro.
Dire
a una donna che è una troia perché indossa una minigonna non è
rispettoso, dire a una donna che è puttana perché fa sesso occasionale
non è rispettoso, dire a una donna che non è una donna se non desidera
avere figli non è rispettoso.
Augurare a una donna
uno stupro perché “quella brutta troia mi ha friendzonato!” è da
persone di merda (non posso dire rispettoso) perché non si ha rispetto
né della donna in questione (che si è vista come altro) né del
sentimento dell'amicizia che si millantava, usandolo come copertura per
ottenere qualcos'altro. Uno stupro è quanto di più brutto possa esserci
per una persona, non sono auguri da fare, è da teste di cazzo.
Scrivere
sotto la foto di una modella/cosplayer/attrice “sei da stupro”, “quanti
colpi di minchia che ti darei”, non è rispettoso perché se la loro
bellezza e il loro fisico sono adoperati per lo spettacolo, questo non
vuol dire che tu, tizio generico, debba sessualizzarle. Non sono dei
pezzi di carne, sono persone.
Dire a una
donna che è una troia perché parla col tuo ragazzo (magari anche
tentando un approccio con lui) non è rispettoso: per quanto io – singola
persona, di nome Barbara – non ami proprio approcciarmi a una persona
che so già essere impegnata per rispetto delle persone che vivono la
relazione e della relazione stessa, so che non è la donna che sbaglia se
le viene data corda dall'altra parte della tua relazione.
Chiedere
a una donna a un colloquio di lavoro se ha un partner o una famiglia o
desidera avere figli non è rispettoso oltre a essere una cattiveria
visto che non sono le capacità lavorative della persona a esser messe in
discussione, ma le sue scelte di vita, ledendo quindi
l'autodeterminazione della donna nella propria vita.
Giustificare
una molestia o una violenza su una donna “per colpa del suo
abbigliamento” non è rispettoso, relegare una donna al ruolo di serva in
casa – per quanto lei possa dedicarsi alla casa e ai figli per una sua
libera scelta – trattandola come una bestia da soma non è rispettoso,
dire a una bambina che deve essere sempre essere a modo e non deve
giocare (facciamo un esempio) col camion dei pompieri non è rispettoso.
Tantissimi
sono i comportamenti di retaggio maschilista che si hanno ancora oggi
ed è triste vedere che moltissime sono le donne che cercano di
screditare le altre, essendo quindi anche loro maschiliste. Perché sì,
il maschilismo non è solo prerogativa degli uomini, come comunemente si
pensa.
A tal proposito voglio lasciarvi dei
link: parto innanzitutto con quelli del SISM, che in Italia provvede
sempre con le campagne di informazione – qui e qui
ne trovate due – al fine di sensibilizzare quanto più possibile. In
particolare queste due campagne sono contro la violenza sulle donne (in
ogni sua forma) e per far capire che l'abbigliamento succinto di una
donna non è un invito alla violenza.
Vi lascio anche alcuni miei precedenti articoli:
Musica per il 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Di attori brutti e gente scema
Di attori brutti e gente scema